60 anni fa, il 10 dicembre 1948, l’assemblea delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Uomini con una visione salda e coraggiosa del futuro hanno saputo partorire questo grande documento in un mondo diviso dai conflitti e dalle ingiustizie.
E’ un testo importante, internazionale e multiculturale, dove per la prima volta nella storia si elencano in modo chiaro e semplice i diritti inerenti alla specie umana. Tali diritti sono detti “inalienabili”; non si tratta di un’espressione retorica, poichè significa che non esiste moneta con cui possono essere comprati o venduti.
La Dichiarazione è stata tradotta in oltre 360 lingue ed è forse il documento più tradotto della storia. Rileggetela, è un’attività terapeutica in questi tempi piuttosto cupi.
E’ facile oggi essere scettici e pessimisti in questo tempo di frammentazione sociale e culturale, in cui molti faticano forse persino a concepire la categoria di umanità.
E’ facile dire che la proclamazione dei diritti umani non ha impedito le mattanze cambogiane, yugoslave e rwandesi, lo sfruttamento dei lavoratori in America Latina, Africa e Asia e non ha ridotto il numero di persone che soffrono la fame.
Ma la dichiarazione è un punto di inizio. Guardiamo poi ai segnali positivi:
- è cresciuta la democrazia in America Latina, Europa Orientale, Filippine, Sud Africa,Grecia, Spagna… Alla voce Democracy di Wikipedia ci sono diversi grafici che mostrano l’aumento dei paesi democratici
- si procede alla progressiva abolizione della pena di morte (oltre tre quarti delle nazioni sono abolizioniste)
- in 40 anni l’analfabetismo nel mondo si è ridotto dal 36% al 16%
- la mortalità infantile si è ridotta dal 122 per mille del 1960 al 52 per mille del 2005.
- il numero di ONG è raddoppiato dal 1990 a oggi.
Certo, gran parte di queste conquiste potrebbe essere vanificata se continueremo il nostro harakiri ambientale, facendo crescere troppo la popolazione, sperperando risorse e producendo inquinamento e rifiuti. Ma per questo bisogna vigilare…