Safina, sorella di Safin SAFIN, Safina, le Williams, i fratelli Bryan. Quando il tennis si fa in casa come la marmellata. Stesso sangue che finisce in classifica, con gli altri sotto (almeno per qualche mese). I due russi (lui n.1 nel 2000, lei da pochi giorni) si sono costruiti allo Spartak Tennis Club di Mosca, istruiti da papà Mikhail e mamma Rausa, cattivi quanto basta perché i loro figli apprendessero con qualche spavento l’arte del combattere. Marat più qualità, Dinara più costanza e rabbia. Analoga divisione per Venus e Serena, una più asciutta e snob, l’altra più muscoli e cattiveria. La somma dei due elementi garantirebbe la perfezione.
Ma di fratelli bravi, di fratelli “top”, stesso sesso, sesso diverso, amici o nemici, lo sport non è poi così pieno. Molte volte, quando è rigorosamente individuale, li spinge a battersi fra di loro. Fra Michael e Ralf Schumacher la “sibling rivalry” era sbilanciata in favore di Michael. Pur avendo disputato più di cento corse uno contro l’altro, raramente sono stati “super” insieme (al riguardo si ricorda quasi con piacere un Gp di Spagna del 2000). Altrettanto vibrante la sfida tra Phil e Steve Mahre, sciatori americani degli anni 80, addirittura gemelli, 1° e 2° nello speciale dei Giochi invernali di Sarajevo ’84. Steve vinse anche tre Coppe del Mondo. Adesso gestiscono un centro di allenamento a Park City, nello Utah.
Non si ha notizia di fratello e sorella bravi entrambi a giocare a pallone. Si conoscono invece le virtù di Cheryl e Reggie Miller, star del basket americano. Quando giocava nella squadra dell’Università della Southern California, Cheryl era considerata la più grande cestista del mondo. Reggie, un anno più giovane, crebbe all’ombra della sorella sino a trasformarsi in un faro degli Indiana Pacers. Meno famosa e più lontana cronologicamente, la vicenda di Jon e Ilsa Konrads, lettoni scappati dal loro paese durante la seconda guerra mondiale e rifugiati in Australia dove Jon cominciò a nuotare per sconfiggere la polio e Ilsa lo seguì. Avrebbero conquistato 37 record del mondo. Quattro ginocchia fragili hanno reso grandi e simili Janica e Ivica Kostelic, croati, lei (Janica) unica sciatrice a vincere quattro ori olimpici, entrambi campioni del mondo a St. Moritz nel 2003. Ancora sci imparato a casa: Pirmin Zurbriggen e sua sorella minore Heidi, i due Ochoa (Francisco Fernandez, scomparso nel 2006, che batté Thoeni a Sapporo, insegnò a sciare al Re Juan Carlos, e sua sorella Blanca), i due Wenzel (Andreas e Hanni). Sia i Wenzel che gli Ochoa hanno vinto medaglie olimpiche. Cosa che si augurano di ottenere un giorno Manfred e Manuela Moelgg. I primi ad arrivare a tanto, ai Giochi di Londra del 1908 (quelli di Dorando Petri) furono William e Charlotte Dod: avevano imparato a tirare con l’arco nella loro tenuta di Babington, nel Cheshire, dove vivevano da aristocratici in una famiglia ottocentesca piena di servitori che correvano ogni volta a staccare la freccia dal bersaglio. Charlotte, che conquisto l’argento olimpico a quasi 40 anni, giocava anche a tennis, a hockey, a golf: “Le bastava un prato e diventava campionessa in qualunque sport”, disse un giorno il fratello William, che a Londra vinse l’oro. Impresa collettiva che, in atletica, riuscì ai fratelli Joyner: Jackie vinse l’oro nell’eptathlon (a Seul e Barcellona) e nel lungo (Seul), suo fratello nel triplo (Los Angeles). Sally Smith e Rob Fisher, fratelli nonostante i cognomi, sono stati invece i primi a sfidarsi da due imbarcazioni diverse alla Sydney-Hobart.