04
Dic
2008
Dic
2008
Solo un padre
Carlo è un dermatologo affermato e il padre perfetto (e apprensivo) di Sofia. Dopo la morte per parto della moglie, Carlo (soprav)vive circondato dall’affetto dei genitori e degli amici, che condividono il suo quotidiano e contengono il suo dolore silenzioso. Una mattina, dopo una corsa lungo il Po, Carlo incontra Camille, una ricercatrice francese trasferitasi a Torino. Il carattere estroverso e appassionato della ragazza finirà per rivelare l’uomo dietro al padre. Se lo spazio divistico in Italia è stato, in alcuni casi (forse troppi), occupato dall’autore, diversamente Luca Lucini ha fatto parlare poco di sé e molto dei suoi attori. Dopo aver creato il corpo perfetto di Scamarcio e dopo averlo c
confermato in uno step successivo e sopra il cielo, il regista milanese “espone” il corpo attoriale di Luca Argentero, raccogliendo il racconto di formazione di un padre intorno a lui. Lo introduce in scena un poco alla volta, isolandone ed esaltandone i dettagli (gli occhi, la bocca) e liberando un fascino che si fonda sul corpo ma non si esaurisce e non si consuma in esso. È vero, Luca Argentero nasce in televisione, quella che ha imposto modelli attoriali assolutamente avulsi dalle pratiche espressive cinematografiche e che produce sostanza attoriale totalmente simulacrale, ma ugualmente è in grado di assumere su di sé la temperatura e lo spaesamento del suo personaggio.
Solo un padre racconta una storia di immediata presa, mai esplicitamente melodrammatica e più innocuamente commovente e sentimentale. Il film insiste sul doppio registro, comico e drammatico, senza farsi mai carico degli eccessi e delle ferite che implica il (melo)drammatico sul piano del linguaggio filmico e dimostrandosi più attendibile sul versante “leggero”. Questo conferma l’ipotesi che la grande stagione della commedia all’italiana è la fonte inesauribile dei nostri autori contemporanei ma anche l’inevitabile limite contro cui vanno a cozzare.
Il risultato è una pellicola delicata e instabile, che punta sulle sfumature dei sentimenti senza spettacolarizzazione del dolore ma con una potente (e furba) dose di commozione. Tutta la tensione è giocata sull’attesa della scoperta, il padre solo di Argentero deve “comunicare” il suo senso di colpa, in una sospensione in cui scrutiamo il sentimento del personaggio fino al suo svelamento. Svelamento che tira il filo del suo passato scosso da un’ingiustizia “naturale”: la morte come conseguenza di un amore finito da tempo.
Solo un padre racconta una storia di immediata presa, mai esplicitamente melodrammatica e più innocuamente commovente e sentimentale. Il film insiste sul doppio registro, comico e drammatico, senza farsi mai carico degli eccessi e delle ferite che implica il (melo)drammatico sul piano del linguaggio filmico e dimostrandosi più attendibile sul versante “leggero”. Questo conferma l’ipotesi che la grande stagione della commedia all’italiana è la fonte inesauribile dei nostri autori contemporanei ma anche l’inevitabile limite contro cui vanno a cozzare.
Il risultato è una pellicola delicata e instabile, che punta sulle sfumature dei sentimenti senza spettacolarizzazione del dolore ma con una potente (e furba) dose di commozione. Tutta la tensione è giocata sull’attesa della scoperta, il padre solo di Argentero deve “comunicare” il suo senso di colpa, in una sospensione in cui scrutiamo il sentimento del personaggio fino al suo svelamento. Svelamento che tira il filo del suo passato scosso da un’ingiustizia “naturale”: la morte come conseguenza di un amore finito da tempo.