Torna Born to Be Abramo, e la seconda stagione inizia col famoso gioco Chi Vuol Essere Volontario. A farne le spese i due concorrenti Lucia e Jacopo.
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I servizi alle persone Senza dimora
Povertà e disagio sociale nelle Marche
Rileggi la provocazione di Don Benzi proposta da Andrea:
Se un barbone bussa alla tua porta
La sofferenza più grande per i senza fissa dimora non è la mancanza di un letto per riposare o di un pezzo di pane, ma è l’umiliazione di essere sfuggiti come cani randagi, di essere evitati, di non avere nessuno che dia la buona notte! Di non essere considerati uomini, con una dignità e un ruolo proprio nella società. L’umiliazione della scocciatura visibile che provocano in coloro ai quali chiedono l’elemosina. L’umiliazione di ricevere una fetta di pane, anziché di essere invitati a mangiarla. L’umiliazione di dovere andare alla mensa dei poveri, quando gli altri non vanno a quella mensa perché sono ricchi. Vengono in mente le parole di don Mazzolari: «I poveri sono quelli che non si vorrebbero»; o di Vincenzo de Paoli a Giovanna, giovane suora: «Ricordati che per il tuo amore, per il tuo amore soltanto, i poveri ti perdoneranno il pane che tu dai a loro». Sì, dopo avere fatto l’elemosina dovremmo inginocchiarci davanti al povero e chiedergli il perdono per aver fatto l’elemosina.
Solo la condivisione può risolvere il problema dei senza fissa dimora. Le prime volte che con i giovani della Comunità Papa Giovanni XXIII andavo alla stazione di Rimini, chiedevo alle pensioni se accoglievano coloro che erano senza casa, pagando. La prima volta accettavano, ma la seconda volta mi rispondevano: «Non c’è posto, non c’è posto!». Finalmente ci fu data in uso una casa. La chiamai «Capanna di Betlemme», perché duemila anni fa capitò ad altri tre di sentirsi rispondere: «Non c’è posto!», e Giuseppe, Maria e il piccolo che lei portava in seno, trovarono rifugio in una capanna a Betlemme.
Chi sono i senza fissa dimora? Sono donne rimaste vedove, senza figli o rifiutate dai figli, impossibilitate a pagare l’affitto o sfrattate. Sono anche donne abbandonate dal marito e senza alimenti o senza casa. Sono prostitute anziane, che non hanno più clienti e quindi senza mezzi di sussistenza.
Sono i dimessi dal carcere, senza famiglia o rifiutati dalla famiglia, senza casa, senza lavoro. L’impossibilità di trovare lavoro è una delle cause più frequenti che spingono le persone a girovagare. Sono drogati cronici o metadonizzati, che fanno uso anche di altre droghe e che non vogliono entrare in comunità di recupero.
Sono giovani disturbati psichicamente, abbandonati a se stessi. Sono anziani che riscuotono la pensione sociale, ma senza casa. Ci sono anche coloro che, pur avendo una casetta dove abitare, preferiscono girovagare. Oggi i barboni per libera scelta sono veramente pochi.
I senza dimora non costituiscono una categoria sociale speciale. Non sono una fatalità. Sono la conseguenza della spietata organizzazione della società del profitto. Sono vere vittime. Di chi? Di una società organizzata solo per alcuni, non per tutti. Sono vittime dell’organizzazione del lavoro creata solo per il profitto. Sono vittime dei ricchi, che fanno spese che sono un insulto ai poveri! Come dice bene don Milani: «Sono vittime dell’organizzazione dello stato, che favorisce più chi sta bene che coloro che stanno male!». Sono vittime dei partiti, prigionieri di chi li vota. Sono vittime dell’assistenzialismo, che non rimuove le cause che creano i poveri, che fabbricano i poveri. Sono vittime di quella carità che si limita a coprire l’ingiustizia e che non promuove la giustizia distributiva e la condivisione.
Una proposta: invito famiglie italiane ad aprirsi ai senza fissa dimora e a dare un pasto a uno senza fissa dimora. Le mense dei poveri diventino un punto di scelta per inviare i poveri nelle famiglie. Le mense funzioneranno bene quando avranno operato in modo che ogni povero trovi una famiglia che gli dia da mangiare, rendendo inutile la mensa dei poveri. E questa è giustizia. Invito tutti a stringere la mano a un povero, almeno una volta alla settimana e qualche volta a portare qualche barbone alla propria mensa.